OLEVANO SUL TUSCIANO

LA GROTTA DI SAN MICHELE ARCANGELO

LUOGO DI RIFUGIO DURANTE IL SECONDO CONFLITTO MONDIALE

Durante la Seconda Guerra Mondiale la grotta di San Michele di Olevano sul Tusciano costituì un rifugio sicuro per moltissimi abitanti che, ai piedi del Santo Arcangelo, riparati nella cavità naturale si sentirono confortati e protetti dai bombardamenti e dalle incursioni aeree.
Anche da Battipaglia accorsero numerose persone per cercare scampo dai bombardamenti che dal 21 giugno fino al 14 settembre 1943 si abbatterono sulla città e la distrussero.

Il santuario di Santa Maria della Speranza di Battipaglia fu gravemente danneggiato e in esso anche la celebre statua della Madonna della Speranza subì la perdita di tre dita della mano destra.
A causa di questo accadimento, i padri stimmatini decisero di trasferire la statua in un luogo più sicuro e quindi fu scelta come momentanea collocazione la grotta di San Michele Arcangelo di Olevano.

La statua fu traslata il 25 agosto 1943 e ritornò a Battipaglia l’8 aprile 1944.

Carlo Carucci (1873-1951), nel suo libro “La battaglia di Salerno vista dalla borgata Valle di Olevano sul Tusciano” (Salerno: Tip. Il Progresso, 1943), ci ricorda che in seguito ai bombardamenti del 21 giugno 1943 egli aveva abbandonato Salerno e, dopo varie peregrinazioni, si era rifugiato nel suo paese natio.
Attraverso queste pagine, egli racconta che ad Olevano la gente trovava riparo nelle numerose grotte esistenti intorno al castello, alcune delle quali potevano ospitare persino duecento persone, oppure nella grotta di San Michele, più lontana delle altre dal centro abitato ma in grado di accogliere migliaia di profughi.

Le condizioni di vita nelle grotte vengono definite dal Carucci “terrificanti”; inoltre, l’autore fornisce alcune notizie interessanti su luoghi, eventi e personaggi: “9 settembre 1943 ore 20.00. Vi è poi la grotta di San Michele, dove possono restare migliaia di persone, ma è un po’ più lontana delle altre dai centri abitati. E molta gente si vede venire da Monticelli e da Ariano, oltre che dalla campagna di Battipaglia, avviata a quelle grotte; e prendono l’erta faticosa per arrivarvi, anche quelli di qua, a cominciare dal podestà Don Giovanni Forte e dalla sua famiglia, dall’esattore Don Giovanni Del Prete, dalla popolarissima insegnante donna Maddalena Tasso col figlio rag. Teodorico Cicatelli e da quasi tutti i miei parenti (…). 18 settembre 1943 ore 10.00. Tra gli ospiti del cortile sono due donne di Battipaglia, venute giù dalle grotte, dove sono state alcuni giorni. Han fatto un quadro terrificante della vita che si mena in essa. La gente vive stipata, giacché ogni grotta ne contiene più del dovere, tranne la grotta di San Michele, che pare ne abbia accolti tremila, ed è ricolma fino all’altare, cioè per qualche trecento metri dell’ampio ingresso. A terra han messo delle frasche e, chi si, chi no, un materasso, onde molti non riescono a raggiungere uno stato tollerabile, e riposare, ed escono fuori all’aperto e qui si buttano per terra, per riposare un poco. Chi passa, nell’oscurità, intoppa in qualcuno, non mancano parolacce. Inoltre nell’ interno delle grotte vi è una abbondanza orribile di pulci e di altri insetti, dai quali non è facile difendersi, e si manifesta quasi per tutti un vero malanno, cioè il prurito, che non pare sia causato dagli insetti. Forse dalla mancanza di pulizia. Si son tagliati moltissimi alberi o rami in tutta la boscaglia, per fare giacigli e per ardere. Nella grotta di San Michele, troppo alta e fredda e umida, col continuo stillicidio dalla volta, quasi tutti cogli alberi e le frasche han costruito capanne e vi dormono con sufficiente comodità. Ogni tanto arrivano nuovi fuggiaschi che cercano posto nelle grotte già ingombre. Qualcuno lo trova, ma quando vi arrivano molti – per esempio quando vi arrivò Ezio Campione accompagnato da dodici figli e moglie, oltre una vacca, per il latte, e l’asino – allora son guai. Problema difficilissimo è, poi, l’approvvigionamento e la provvista dell’acqua. Poche persone, in ciò, nel generale disordine, si sanno mettere d’accordo, onde tutti stanno male. Quelli che son fuggiti dalla pianura, specialmente di Battipaglia, quasi tutti ricchi, ammazzano vitelli e buoi che han portato seco, non potendo mantenerli per mancanza di foraggio e spesso di acqua, e vendono la carne a 35 e 40 lire al chilo, e anch’io l’ho avuta parecchie volte, giacché lassù mio nipote Attilio non manca di pensare al vecchio zio lasciato tra le botti. La parte maggiore, però, del patrimonio armentizio non è stata portata ai monti, e, abbandonato a sé stesso, sarà preda dei combattenti. E che ci vorrà per la ricostruzione di tale patrimonio, che formava il migliore corredo della progreditissima agricoltura nella piana di Battipaglia! Parecchi nelle prime ore della giornata scendono dalle grotte alle borgate e provvedono alla meglio ai bisogni”.

contenuti a cura dell’Associazione Centro Culturale Studi Storici di Olevano sul Tusciano

 

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