BELLIZZI

LE FAMOSE CASERMETTE

Da alloggio dei militari a rifugio per gli sfollati di guerra

Le Casermette furono costruite alla fine del 1941 per alloggiare i militari italiani del 101° Reggimento di Fanteria, poi insediato all’inizio del 1942.

Il complesso ospitava oltre 2.000 soldati ed era composto da 60 capannoni, di cui 12 dedicati agli uffici, 17 alla logistica, 10 più prossimi ai binari a depositi di materiali, 16 a dormitorio, 5 alle cucine e viveri, da campi di addestramento e da una torretta per avvistamento vista mare. Durante e dopo la Seconda guerra mondiale le Casermette hanno scritto un pezzo importante della storia di Bellizzi.

All’indomani dei bombardamenti che quasi rasero al suolo la Piana del Sele nella tragica estate del 1943, le Casermette furono progressivamente occupate dalla gente che aveva perduto la casa, ospitando più di 200 famiglie, molte provenienti anche dai comuni limitrofi di Battipaglia e Pontecagnano Faiano.

Nacque un vero e proprio villaggio, con negozi, sale da ballo, osterie e addirittura stanze adibite alla prostituzione. Tutt’intorno e persino dentro ai capannoni e sui tetti regnava l’eternit, composto di cemento e amianto. Vi erano, inoltre, anche orti recintati con filo spinato e piccole abitazioni protette con lamiere. Una cittadella di gente umile, un universo di microstorie dove la miseria e la povertà traboccava e si sopravviveva di contrabbando e ruberie.

Un mondo tutto vicino alla stazione ferroviaria dove avvenivano compravendite, baratti e spaccio di beni sottratti agli angloamericani. La merce di scambio era costituita prevalentemente da: olio, burro e grassi animali, vino, tende, teloni militari e sigarette. Il caffè era del tutto assente, in quanto ne era impossibile l’importazione e si era costretti a utilizzare prodotti alternativi quali orzo, ceci e radici di cicoria, ovviamente tostati in casa. Ad ogni modo si viveva con la tradizionale arte di arrangiarsi, non esclusa l’attività di borsa nera, che diede vita al detto: guerr’ e tempest’ a chi spogl’ e a chi vest.

Col passar degli anni le Casermette divennero sempre di più una zona di degrado, con fango e numerosi rivoli di liquame allo scoperto, un luogo di contrabbando e di prostituzione tanto da diventare per la comunità di Bellizzi un vero problema sociale, da rimuovere al più presto. La Chiesa, nella persona di Padre Cesare, si sforzò di trovare un modo per stare vicino a quelle famiglie trattandole come cristiani bisognosi di una particolare attenzione sacerdotale e pastorale, tanto che ogni processione religiosa attraversava sistematicamente e misericordiosamente quei luoghi.

La foto aerea del 1943 dell’Istituto Geografico Militare rende la consistenza dell’allora abitato di Bellizzi, costituito da un insediamento lineare sviluppatosi all’incrocio tra quattro assi stradali: la strada statale 18, la strada per Montecorvino, l’attuale via Trieste di collegamento alla stazione ferroviaria e l’odierna via Trento, che continua nella via Campo Eminente passante per località Fabbrica Nuova. Il paesaggio prevalentemente agricolo è segnato dalle infrastrutture stradale e ferroviaria, con i relativi insediamenti lineari comprensivi dell’edificio del Consorzio agrario, dei due complessi produttivi del conservificio Baratta e del tabacchificio Angeloni e dell’accampamento militare delle Casermette, posto a valle della rete ferroviaria e delimitato dal corso d’acqua Vallemonio.
Negli anni 90 del XX secolo è stata avviata la riqualificazione dell’area delle Casermette, attraverso la progettazione e la realizzazione di un nuovo tessuto residenziale.

contenuti a cura dell’Associazione Feudo RON ALFRE’

foto aerea – Istituto Geografico Militare – anno 1943

processione religiosa presso le Casermette – archivio privato – anni 50 del XX secolo

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